Il lupo
Un ritorno naturale
All’inizio dell’Ottocento, il lupo era scomparso da gran parte del suo areale di distribuzione originario: in Francia e sull’intero arco alpino non era rimasto un solo esemplare. In Italia la popolazione di lupo è sopravvissuta nell’Appennino centrale e meridionale. Oggi il miglioramento delle condizioni ecologiche e l’aumento delle prede disponibili in natura oltre al miglioramento delle tecniche di allevamento ovino, hanno permesso il ritorno naturale del lupo sull’Appennino settentrionale. Nel 1985 i primi lupi sono ricomparsi in prossimità di Genova, a nord degli Appennini. La ricolonizzazione naturale è poi continuata verso le Alpi del Sud, nel Parco Nazionale del Mercantour e nel Parco naturale delle Alpi Marittime. La riconquista spontanea delle Alpi occidentali da parte del lupo è stata scientificamente provata da indagini genetiche condotte sulle feci dell’animale nel 1996. Da allora la ricolonizzazione ha continuato verso le Alpi settentrionali e il Massiccio Centrale.
Carta d’identità
Il lupo (Canis lupus L., 1758) è uno dei grandi predatori ancora presenti in Europa. Su scala mondiale, ha un areale di distribuzione molto vasto: in origine era il mammifero selvatico più diffuso, presente sulla quasi totalità dell’emisfero boreale al di sopra del 15° parallelo.
I suoi habitat, i suoi comportamenti e la sua morfologia sono molto variabili. Gli individui della popolazione italiana e di quella presente nelle Alpi sono di taglia minore rispetto alle popolazioni che abitano latitudini più settentrionali, con un peso medio di 28 kg per le femmine e di 35 kg per i maschi.
Come è noto, il lupo vive in branco. In generale, quest’ultimo è costituito dalla coppia dominante (formata dal maschio e dalla femmina Alfa), da qualcuno dei discendenti e a volte da animali di passaggio. Nelle Alpi la dimensione media dei branchi osservati è di 4 lupi: i branchi più piccoli sono composti solo da due individui, i più grandi non superano generalmente gli otto, anche se è stato documentato un caso eccezionale di un branco di 14, di cui 9 cuccioli, in provincia di Torino nell’estate 2010.
Come nel cane, la gestazione dura tra i 61 e i 63 giorni e l’unico parto annuale avviene tra maggio e giugno (in media verso la metà di maggio). I lupetti sono successivamente allattati per otto-dieci settimane. I cuccioli, intorno agli uno-due anni, generalmente lasciano il territorio dei loro genitori per andare in dispersione, così che la densità dei lupi su uno stesso territorio tende a rimanere costante nel tempo.
La capacità di dispersione è notevole nel lupo e rappresenta la via primaria utilizzata per colonizzare nuove aree disponibili anche a diverse centinaia di chilometri di distanza. I lupi in dispersione vanno alla ricerca di un territorio libero da occupare e di un individuo di sesso opposto con cui fondare un nuovo branco.
Il regime alimentare del lupo dipende principalmente dalle prede disponibili sul territorio di ogni branco. Nel sud delle Alpi italo-francesi, la maggior parte delle prede sono ungulati selvatici: cinghiali, camosci, cervi, mufloni o caprioli, a seconda dei branchi. Le pecore possono rappresentare una parte del regime alimentare del lupo in estate, durante il periodo dell’alpeggio. I danni alle greggi, a volte localmente consistenti, sono la causa del conflitto tra i lupi e i pastori.
Il Mercantour ha condotto un ampio programma specifico nel periodo 2007-2012. Il Programma Preda Predatore (PPP) è un programma di ricerca che ha come obiettivo principale quello di studiare la mortalità selettiva di un insieme di prede (diverse specie di ungulati), da parte del predatore-lupo.
Sono stati presi in esame due siti, uno popolato dai lupi da diversi anni (il Mercantour) e l’altro in cui le popolazioni di ungulati sono monitorate da trent’anni in assenza del lupo (questo è arrivato fino al massiccio dei Bauges in Alta Savoia) in vista di realizzare uno studio comparativo. Questo studio è condotto dall’Ufficio Nazionale della Caccia e della Fauna Selvatica (ONCFS/CNERA - Fauna di Montagna e Predatori-Deppredatori), il Centro Nazionale di Ricerca Scientifica (CNRS) in partenariato con il Parc national du Mercantour, la Fédération Départementale de Chasse des Alpes Maritimes, il Parc naturel Régional du Massif des Bauges, il GIC dei Bauges e le Federazioni di caccia della Savoia e dell’Alta Savoia. Dopo il monitoraggio degli ungulati selvatici sulle due zone di studio, si è imposta la necessità di catturare, marcare e seguire i lupi attraverso radiocollari. Al termine di quattro stagioni di catture tramite a suolo e con elicottero, sono state catturate, marcate e seguite (nel 2009 e nel 2011 per intrappolamento al suolo, nel 2010 e nel 2011 con l’elicottero). Ogni lupa è stata dotata di un radio collare GPS/GSM, prima di essere rilasciata sullo stesso luogo della cattura. I dati raccolti ogni giorno hanno portato una gran massa di informazioni sulla distanza di dispersione degli individui, sull’area occupata dai branchi, sulle zone di riposo, sulle aree vitali, sulle zone di caccia, sul numero e sul tipo di prede, di cui si è potuto ritrovare e analizzare le carcasse. Purtroppo non si è riusciti a utilizzare nessuno dei quattro collari per un anno intero, come si sperava: due animali sono morti (incidente e bracconaggio) e due animali sono scomparsi (perdita del segnale in seguito a un guasto o alla distruzione del radiocollare).
Al termine del programma (fine 2012) e dopo cinque anni di studi, l’insieme dei dati e delle informazioni è in corso di analisi: le conclusioni permetteranno di comprendere meglio l’ecologia del lupo.
Una specie protetta: la conservazione e le normative
Le ultime uccisioni nelle regioni sud-occidentali delle Alpi risalgono agli anni 1920-30. Con il tempo, l’importanza del lupo come parte integrante dell’ecosistema naturale è stata riconosciuta e, a partire dagli anni ’70, l’animale ha iniziato a essere considerato una specie protetta nell’Europa occidentale.
A livello europeo, il lupo è una specie la cui conservazione riveste un interesse prioritario che richiede una protezione rigorosa (Direttiva Habitat 92/43/CEE). Inoltre il lupo è inserito nell’Allegato 2 inerente le specie faunistiche rigorosamente protette in Europa della Convenzione di Berna del 19 Settembre 1979.
A livello italiano, il lupo è specie protetta dal 1971 con un Decreto Ministeriale che ne vieta la caccia. Il lupo è inoltre tutelato dall’art. 2 della Legge 157/1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
A livello internazionale, la popolazione italiana di lupo è considerata “vulnerabile” nella Lista Rossa 1997 delle specie minacciate dell’I.U.C.N (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura).
La conservazione del lupo deve necessariamente partire dalla sua “riabilitazione”. È quindi importante smitizzare tutte le storie e le leggende che lo ritraggono come un animale dannoso e pericoloso per l’uomo e che alimentano gli atti di ostilità nei suoi confronti (lupi uccisi illegalmente a colpi di fucile, avvelenati, ...). Le azioni di prevenzione dei danni sui domestici e di limitazione degli atti di bracconaggio sono fondamentali per la conservazione della specie.
Dall’Appennino alle Alpi: lupi in dispersione
Il lupo è ritornato spontaneamente nelle Alpi Marittime italo-francesi a partire dall’inizio degli anni ’90, con una prima osservazione certificata nel Parco del Mercantour il 5 novembre 1992.
A partire da quel momento, dopo un continuo studio e monitoraggio del processo di ricolonizzazione in Piemonte ed in Francia, è stato possibile verificare scientificamente che il ritorno del lupo sull’arco alpino fa parte di un processo naturale, tutt’oggi in corso. Gli individui identificati sull’arco alpino occidentale italo-francese sono stati infatti riconosciuti come parte della popolazione appenninica a partire dal 1996. Le analisi genetiche hanno permesso di identificare l’arrivo di almeno sei differenti individui provenienti dall’Appennino tra il 1999 ed il 2004, i quali hanno dato origine all’attuale popolazione. Nel Parco del Mercantour si è assistito alla formazione dei primi tre branchi stabili tra il 1995 ed il 1998, mentre l’areale del Parco Naturale delle Alpi Marittime è stato inizialmente frequentato dagli individui dei branchi vicini. Dal 2006 la prima coppia stabile si è stabilita nel Parco e dal 2007 è stata confermata la presenza stabile di un branco sul territorio dell’area protetta. È stata inoltre dimostrata una dispersione naturale di alcuni individui verso territori situati più a nord dell’arco alpino (per esempio Verbano Cusio Ossola, Trentino, Baviera) che rappresentano i nuovi fronti della ricolonizzazione dell’arco alpino da parte del lupo. A titolo d’esempio, la femmina F31, nata nel 2001 nel branco della Valle Pesio (Alpi Liguri) è stata ritrovata nell’inverno 2002-2003 in Val Bognanco (Alpi Pennine).
Animali senza confini
Il monitoraggio della presenza del lupo sull’arco alpino necessita di un approccio transfrontaliero, in quanto i rilevamenti effettuati tra il 1999-2011 hanno evidenziato l’utilizzo frequente da parte dei branchi di territori italo-francesi. Ciò è comune in Europa, poiché generalmente i lupi sono confinati nelle zone di montagna, dove spesso corrono i confini fra i vari Stati. I lupi non riconoscono le frontiere, per questo motivo si è reso necessario un coordinamento internazionale per studiare i loro movimenti. Dal 2002 è così iniziata una stretta collaborazione tra i ricercatori incaricati del monitoraggio per la Regione Piemonte (Progetto Lupo Piemonte) e i colleghi francesi (Parc national du Mercantour e Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage) e svizzeri (KORA) per quantificare la presenza del lupo in modo uniforme sull’arco alpino. Questo gruppo di lavoro, denominato Wolf Alpine Group, si incontra ogni anno per sviluppare una strategia di monitoraggio comune e per cercare di unificare i dati ottenuti. La popolazione di lupo alpina, unica e transfrontaliera, è stata riconosciuta tale anche dalla Commissione Europea che ha sviluppato dal 2007 le “Guidelines for population level management plans for large carnivores” che suggeriscono una gestione unitaria a livello europeo delle popolazioni di grandi carnivori.
Transfrontaliera e in movimento, la popolazione alpina di lupo necessità di un piano d’azione unitario, stabilito in accordo da tutte le nazioni interessate dalla presenza della specie (al momento: Italia, Francia e Svizzera), il cui obiettivo minimo comune devono essere un monitoraggio e una gestione in stretta collaborazione e secondo dei protocolli condivisi.
I numeri del lupo nelle Alpi del Sud
Durante l’inverno 2010/2011, le Alpi Liguri e Marittime sono state interessate sui due versanti dalla presenza di dieci branchi di lupo definiti: “Alta Val Tanaro-Roya”, “Valle Pesio”, “Valle Casotto”, “Valle Gesso”, “Valle Stura”, “Haute Tinée”, “Moyenne Tinée”, “Vésubie-Tinée”, “Vésubie- Roya”, “Bachelard-Haut Verdon”. I nomi dati ai singoli branchi indicano l’areale di maggiore utilizzo del branco, ma i singoli territori interessano porzioni di territorio più grandi rispetto alle vallate da cui prendono il nome. Cinque dei dieci branchi hanno un’alta attività transfrontaliera. Il numero totale di lupi ha raggiunto i 31-34 individui nel corso dell’inverno 2010/2011. Un nuovo branco “Tournoux-Larche” si sta probabilmente stabilendo nella valle dell’Ubaye. Durante questi ultimi anni, la popolazione di lupo è in aumento, ma il suo tasso di crescita è inferiore a quello osservato per altre popolazioni in fase di ricolonizzazione. Ciò sembra legato all’alta mortalità presente in questa regione, in particolare legata agli incidenti stradali e al bracconaggio.
Per saperne di più: Carta O (“Ripartizione spaziale del lupo”)
Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: